Fu colto con le mani nel sacco Gianpiero Fiorani, che attinse ai depositi della Popolare di Lodi per scalare l'Antonveneta, servendosi di prestanome. Agiva in barba a qualsiasi organismo di controllo interno Bruno Sonzogni, padre-padrone della Bipop- Carire, che erogava prestiti agli amici in modo discrezionale. E ora scopriamo che anche Denis Verdini, da presidente del Credito Cooperativo Fiorentino, ha pilotato affidamenti per decine di milioni di euro (più di 60) verso società editoriali e immobiliari del gruppo Fusi-Bartolomei, di cui è stato socio.
Non stiamo parlando di un "banchiere" di professione, ma dell'attuale coordinatore nazionale del Pdl, il primo partito italiano, di cui è leader il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Ha poco da gridare al complotto, Verdini. Le accuse di conflitto d'interesse, stavolta, non provengono dai soliti magistrati trinariciuti che perseguitano le persone perbene, ma dal servizio ispettivo di Banca d'Italia. La decisione del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, di accogliere la richiesta di commissariamento dell'istituto avanzata dalla banca centrale dimostra quanto grave sia situazione. Fa riflettere anche la qualità professionale di coloro che sono stati chiamati a supplire ai disciolti organi amministrativi e di controllo della banca. Uno dei due commissari straordinari è per esempio l'ex rettore della Bocconi Angelo Provasoli, che è stato presidente del "Corriere della sera" tra il 1982 e il 1985, quando il quotidiano di via Solferino di cui era direttore Franco Di Bella fu coinvolto nel dissesto del Banco Ambrosiano e nelle torbide trame della loggia massonica Propaganda 2, di Licio Gelli.
La nomina di Provasoli, persona peraltro molto stimata dal presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli, sembra contenere un messaggio preciso. Il Credito Cooperativo Fiorentino è infatti coinvolto, attraverso Verdini, nell'inchiesta sulla cosiddetta P3, il gruppo di potere finito sotto inchiesta con l'accusa di avere spianato carriere e aggiustato processi, di cui facevano parte tra gli altri il faccendiere pluri-inquisito Flavio Carboni, coinvolto nel caso Calvi-Ambrosiano-Gelli, e il senatore del Pdl Marcello Dell'Utri, recentemente condannato in appello per concorso esterno in associazione mafiosa.
Fa anche riflettere la nomina nel comitato di sorveglianza della banca toscana di una professionista come Stefania Chiaruttini, consulente della Procura di Milano nel processo Parmalat. Chiaruttini è un'esperta di bilanci e ha smontato pezzo per pezzo tutte le operazioni finanziarie che erano state costruite dalle grandi banche internazionali per coprire il dissesto del gruppo Tanzi. Avrà di che lavorare anche qui.
La presenza di persone di questo calibro negli organi straordinari del Credito Cooperativo Fiorentino potrebbe contribuire a chiarire non solo la posizione di Denis Verdini, ma anche il ruolo della P3 e delle sue presunte trame contro le istituzioni dello Stato.
Certo è singolare che la Banca d’Italia si sia accorta solo adesso dell’allegra gestione…
Gentilissimo Sig. Oddo,
mi scusi, ma il suo articolo può anche essere leggibile per quanto riguarda la mala gestione della banca.
Tuttavia per la parte sulla P3, la genercità delle accuse che muove (se non per autoreferenzialità ad altre condanne, che non c’entrano nulla) e la piuttosto labile attinenza alla gestione del credito fiornetino, la portano subito nella schiera immensa dei giornalisti italiani che riempono paginate di giornali senza dare alcuna informazione al lettore, se non un certo alone di intrigo che piace sempre (l’ultima frase del suo scritto è da raccolta antologica di chiacchiera tabernaria).
I miei più sentiti riguardi.
Ps.: Al direttore Riotta: per favore direttore, faccia ritornare “Il Sole-24 Ore” al bel vecchio giornale di economia (di finanza non lo è mai stato, quindi non glielo chiedo). Ad oggi si leggono delle cose che un tempo non ci si sognava nemmeno potessero apparire sulla carta rosa salmone del quotidiano che ella ha l’onore di dirigere.
Il sig. Oddo sembra persona colta. E quindi dovrebbe essere d’accordo sul fatto che le persone che guidano enti con conseguenze importantissime sull’economia, che è di tanti o di tutti, debbano essere conosciute nella loro interezza. Lo stile è l’uomo! E’ ora che i comportamenti siano il metro per il giudizio sugli amministratori, anche di cooperative e consorzi che vivono con il lavoro e i contributi dei cittadini. Di solito molti posti sono occupati da gran fannulloni servi di politici potenti o meno.
Sono d’accordo con Federico.Come mai la Banca d’Italia si accorge solo ora delle operazioni fatte in barba alle norme di erogazione dei prestiti.C’è qualcosa che non funziona e su cui si dovrebbe indagare.Chi faceva i controlli?
Se un povero imprenditore sconfina di un centesimo succede un finimondo. Non sono un tifoso, ma – ricordiamoci – l’UniCredit si è comprato Capitalia-Banca di Roma perché non fallisse. Mentre fa gli atti escutivi, come tutti gli altri istituti bancari, a dei poveri imprenditori che sono in difficoltà, quelli non meritano di essere comprati, devono perdere tutto e finire sulla strada!