Graziano Verzotto, veneto di Santa Giustina in Colle deceduto nel giugno del 2010, appartiene a tutti gli effetti alla storia dei misteri d'Italia. Prima di morire di Parkinson, nel giugno del 2010, ha fatto in tempo a dettare un libro, "Dal Veneto alla Sicilia". Ma in esso non chiarisce uno solo dei segreti di cui fu depositario: riferisce qualche aneddoto, in parte noto, sugli anni del milazzismo, si contraddice sulla fine di Enrico Mattei, non dice quasi nulla sulla scomparsa di Mauro De Mauro e continua a serbare un rancore profondo nei confronti di Eugenio Cefis, di cui fu nemico giurato. Fu Verzotto a finanziare "Questo è Cefis", il libro scritto nel 1972 da Corrado Ragozzino sotto lo pseudonimo di Giorgio Steimetz, che il successore di Mattei fece sparire dalla circolazione e che un piccolo editore di Pavia ha appena ripubblicato. Nel libro Cefis è indicato come l'agente di quei poteri forti internazionali che, dopo la morte di Mattei, vogliono ricondurre l'Eni e la politica petrolifera dell'Italia in un'orbita atlantica.

Dopo aver combattuto la resistenza, prima al seguito delle brigate Garibaldi e poi nelle formazioni partigiane cattoliche, Verzotto si appassiona alla politica. E' un attivista della Dc padovana, ma dopo essere scampato a un attentato il partito lo invia a Catania in vista delle elezioni del '48, che segneranno la sconfitta del fronte delle sinistre. Qui il giovane Verzotto incontra Maria Nicotra, un deputato del partito che diventerà sua moglie. E nel 1950 conosce il futuro fondatore e presidente dell'Eni, Enrico Mattei, che lo chiama a collaborare con sé all'Agip. Militano entrambi – Mattei come presidente, Verzotto come vicesegretario – nella Corrente partigiani cattolici, di cui fa anche parte Giovanni Marcora, che fonderà la corrente di base della Dc. Quando Alcide De Gaspari esce di scena e alla segreteria del partito arriva Amintore Fanfani, Verzotto viene nuovamente mandato in Sicilia, stavolta come commissario del partito a Siracusa, dove finisce per restare. E nel frattempo gestisce l'ufficio relazioni esterne dell'Eni, l'Ente nazionale idrocarburi istituito nel 1953 con apposita legge del parlamento. A Siracusa con l'aiuto della curia locale riorganizza la Dc, di cui diventa segretario provinciale. Poi scala la segreteria regionale del partito. E molti anni dopo viene eletto in parlamento nel collegio senatoriale di Noto. Quando Silvio Milazzo rompe con la Dc, ribellandosi alla direzione fanfaniana del partito, e fonda l'Unione siciliana cristiano sociale, Verzotto gli si schiera contro e contribuisce a far cadere il governo regionale costituito nel 1958 dal dissidente di Caltagirone con i voti del Psi e dell'Msi e l'appoggio esterno del Pci. Poi lascia progressivamente la politica per trasferirsi nel 1967 al vertice dell'Ente minerario e riorganizzare le miniere di zolfo della Regione, che subiscono la concorrenza della petrolchimica. I suoi piani sono ambiziosi: da una parte si allea con la Sir di Nino Rovelli; dall'altra costituisce una società mista con la Sonatrach per lo studio di un gasdotto tra l'Algeria e la Sicilia che trasporti energia a basso costo da impiegare nello sviluppo industriale dell'isola. Con queste mosse, però, si guadagna l'inimicizia di Cefis, che non intende mettere in discussione il monopolio dell'Eni nel settore del gas, dove il gruppo del "cane a sei zampe" opera attraverso la Snam. E' allo scontro con Cefis che Verzotto attribuisce l'origine dei suoi guai giudiziari che lo portano a fuggire all'estero per sottrarsi all'arresto e a sparire di scena. Tra i sospetti che si addensano su di lui c'è anche l'assunzione del boss di Riesi Giuseppe Di Cristina in una società dell'Ems, la Sochimisi. Di Cristina, personaggio di spicco di Cosa nostra eliminato nel 1978 dalla cosca corleonese di Luciano Liggio, era stato accusato di aver fornito appoggio logistico, nel 1962, ai sabotatori dell'aereo di Mattei in sosta a Fontanarossa.

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