Bankitalia dovrebbe imporre ai suoi vigilati il rispetto ferreo dei principii di sana e prudente gestione con un’attività di natura preventiva che stronchi i comportamenti scorretti delle banche e sanzioni duramente gli istituti che violano le regole. La penetrante azione ispettiva della Vigilanza (e la forza di “persuasione morale” del Governatore) dovrebbe anzitutto assolvere a questa funzione. E non dovrebbe riguardare soltanto le aziende bancarie, ma anche i responsabili di queste aziende, i banchieri: i quali da un lato hanno il culto del potere e ne fanno pubblica ostentazione e dall’altro si trincerano dietro l’assenza di deleghe operative quando la magistratura contesta loro un reato.
La riforma della Vigilanza, di cui ha parlato il Governatore nelle sue Considerazioni finali, dovrebbe portare a una svolta. L’attività ispettiva dovrebbe essere condotta in modo più tempestivo e incisivo, e affondare il bisturi nei casi più gravi. Certe “distrazioni” del passato sono inammissibili. Il vigilante deve prevenire il male, circoscriverlo sul nascere, non deve intervenire solo quando il danno è fatto e non c’è più rimedo (e gli esempi positivi non mancano: dal mancato benestare alla scalata all’AntonVeneta contro il parere favorevole dell’ex Governatore Fazio, all’ispezione sull’Ambrosiano di Roberto Calvi che ne aveva individuato con largo anticipo le cause del dissesto). I rapporti ispettivi non debbono essere chiusi in cassaforte, debbono servire a riportare in carreggiata il sistema e a contrastarne le eventuali devianze .
E’ possibile che la Vigilanza non si sia resa conto per tempo che la Popolare di Lodi aveva condotto una scalata occulta sulla Popolare di Crema, che la Popolare di Intra era esposta pericolosamente verso la Finpart del bancarottiere Gianluigi Facchini e gestiva il credito allegramente, che certi istituti di credito avevano finanziato per anni, senza garanzie, gli immobiliaristi d’assalto? E’ possibile che il servizio di Vigilanza non abbia mai chiesto conto dei fondi riservati di certi banchieri e dei crediti deteriorati delle banche verso partiti e uomini politici?
Tutto questo, oltre che poco credibile, è inaccettabile – e Draghi vorrà certamente porvi rimedio – perché è un insulto alla trasparenza, mina il principio di democrazia economica, lede l’immagine e il potere della banca centrale, calpesta i diritti del cittadino nella sua duplice veste di depositante e risparmiatore.