Mi sono lasciato incantare dal mito dell’auto giapponese. Mal me ne incolse.La Toyota Yaris 1300 benzina, 100 cavalli, da me acquistata qualche mese fa presso Autotorino, concessionario autorizzato di Milano, consuma come una Porsche. Il venditore mi aveva parlato di un consumo sui 17-18 chilometri a litro su strada e sui 14-15 a litro su circuito misto (città-autostrada), ma nei primi giorni sono riuscito a percorrere con un pieno di 50 euro a malapena trecento chilometri e oggi, a distanza di alcuni mesi, con gli stessi 50 euro riesco a fare circa 400 chilometri. Una delusione che non vi dico. La mitica Toyota mi è caduta dalle braccia. Si è tanto parlato di Wolksvagen e dei suoi metodi truffaldini per taroccare i motori diesel, a causa dei quali la casa tedesca è stata costretta a pagare negli Usa una multa di poco meno di 15 miliardi di dollari. Resto però convinto, proprio alla luce di questa mia esperienza e senza essere un esperto del settore, che non si salva nessuno, nemmeno Toyota. Il fatto più sconcertante è stata la reazione di Autotorino, quando sono andato a reclamare a qualche giorno dall’acquisto. Diversi meccanici che avevano avuto in prova la vettura mi hanno confermato che la 1300 benzina Yaris “beve” in modo sconsiderato, ma il responsabile della concessionaria ha cercato di convincermi del contrario e per calmare la mia rabbia ha sottoposto la macchina a un test a fermo del tutto inutile, da cui è risultato che il motore funzionava alla perfezione. La mia incazzatura è continuata a montare nei giorni successivi. Guidavo con l’occhio incollato al tachimetro e con il piede leggero sull’acceleratore. Ho cominciato a tempestare di telefonate Toyota, lamentando il fatto che prima dell’acquisto ero orientato su una Yaris Ibrida, ma che su insistenza del venditore la mia scelta è alla fine ricaduta sul motore a benzina. Mi era stato infatti spiegato che, per percorrenze annue inferiori ai 25mila chilometri, l’auto ibrida era poco conveniente, mentre risultava decisamente più vantaggioso, in termini di prezzo e di costi, lo stesso modello a benzina. Dopo settimane di vibrate proteste e di avvilimento, finalmente apprendevo che Toyota – bontà sua – aveva deciso di “aprire un caso” sulla mia auto, sottoponendola a un nuovo test, questa volta su strada. Mi sono nuovamente recato all’officina di Autotorino, in Viale Ortles a Milano, e con un meccanico abbiamo percorso una trentina di chilometri in città, alternandoci alla guida, mentre un’apposita apparecchiatura collegata al motore registrava i dati di consumo dell’automobile. Al termine della prova, mi fu detto che i dati sarebbero stati trasmessi subito a Toyota e che nel giro di qualche giorno avrei dovuto ricevere una nuova comunicazione. Il mio obiettivo era di restituire l’auto a benzina, per la quale ero stato mal consigliato, e di prendere un’auto ibrida, pagando la differenza. Non ricordo più quanti giorni sono trascorsi da allora, credo all’incirca altri due mesi. Ancora sto aspettando l’esito del test. Un collega giornalista esperto di automobili mi ha spiegato che debbo pure considerami fortunato: che tra tutte le marche di auto, Toyota è la più attenta ai problemi della clientela. Non so se mettermi a ridere o a piangere. La verità è che, di fronte allo strapotere delle multinazionali, i consumatori e gli Stati sono ormai impotenti, non contano niente. Sono i guasti della post-democrazia. E che la presunta diversità giapponese è solo propaganda. Almeno per quanto riguarda Toyota.