M’ero persa una fondamentale esternazione del ministro per i Rapporti con il Parlamento, Elio Vito, in tema di nucleare; esternazione riportata in un articolo di Federico Rendina sul "Sole-24 Ore" di giovedì 19 giugno.
Dice Vito che, "nel medio periodo, nel settore elettrico, (si dovrebbe arrivare in Italia, ndr) ad un mix basato solo per il 50% su combustibili fossili e per il resto da rinnovabili e nucleare".
Ne siamo proprio certi? Una dichiarazione del genere mi sembra a dir poco avventata.
Prendiamo i dati ufficiali più recenti (quelli del 2006 elaborati dall’Authority su input della Terna, la società che gestisce la rete elettrica nazionale ad alta tensione). La produzione elettrica italiana ha di poco superato nel 2006 i 315 miliardi di kilowattora. Di questi, quasi 257 sono d’origine termoelettrica (di cui oltre il 61% prodotto in centrali a gas), il resto proviene da fonti rinnovabili (soprattutto da impianti idroelettrici). In sostanza, l’82% dell’elettricità consumata in Italia deriva da fonti d’origine fossile (gas, carbone, prodotti petroliferi e altri derivati) e per il 18% soltanto da fonti naturali (con le biomasse, l’eolico, il geotermico e il fotovoltaico molto distanziate dall’idroelettrico).
Questo significa che per arrivare al mix produtttivo auspicato dal ministro Vito – 50% combusibili fossili, 50% nucleare e rinnovabili – bisognerebbe riuscire a produrre circa 100 miliardi di kilowattora d’origine nucleare. L’Italia dovrebbe in altre parole dotarsi nel "medio periodo" di 8 impianti atomici di taglia finlandese, da 1.600 megawatt ciascuna (posto che per ogni mille megawatt nucleari si possono ottenere all’incirca 8 miliardi di kilowattora l’anno). E stiamo ragionando a bocce ferme, perché da qui a qualche anno i consumi nazionali saranno aumentati in modo consistente.
E’ realistico un progetto del genere? E cosa dobbiamo intendere per medio periodo: 5, 10, 15 anni? Forse Vito è in possesso di dati che non conosciamo? Citi le sue fonti, il ministro. O qualcuno potrebbe pensare che le sue esternazioni sono fondate sul nulla.
Dal punto di vista strettamente tecnico non c’è alcuna difficoltà nel realizzare contemporaneamente una serie di reattori dello stesso tipo, anzi è questa la strada percorsa da molti Paesi come Francia e Giappone. La Francia ad esempio, che ai tempi della prima crisi energetica (1973) non aveva praticamente nucleare, ha costruito 60 reattori in meno di 20 anni, al ritmo di 3 all’anno.
Anche noi potremmo seguire la stessa strada. Ragionando per assurdo, occorrerebbero 20 reattori come quelli in costruzione in Finlandia, per esempio in una decina di siti (più reattori possono essere localizzati nello stesso sito) per produrre tutta l’ elettricità che oggi in Italia si produce dal termoelettrico (gas, carbone e derivati del petrolio), lasciando la rimanente alle rinnovabili o ad impianti in cogenerazione (produzione combinata di calore ed elettricità, come a Brescia) a combustibili fossili, tipicamente gas.
L’estemporanea sparata del ministro Vito non merita commenti. Ciò che mi sorprende, piuttosto, è l’ipotesi che “… da qui a qualche anno i consumi nazionali saranno aumentati in modo consistente”. Mi pare abbastanza evidente che ci si trovi ormai a sondare i limiti del sistema: non solo quello energetico nazionale, ma soprattutto quello termico globale. Non siamo più negli anni ’50, quando la crescita economica era necessaria per portare fuori dalla miseria vasti strati della popolazione Italiana: a cosa dovrebbe servire, oggi, una “consistente” quantità di energia in più? Il nucleare può forse risolvere alcuni problemi di approvvigionamento, pur determinando una dipendenza delle forniture da una cerchia di Paesi ben più ristretta rispetto a quella dei fornitori di petrolio; ma aggraverebbe, tra l’altro, il ben più grave problema dell’eccessiva immissione di energia nella biosfera. A mio avviso la strada del futuro non è certo quella dell’incremento della produzione, bensì quella dell’efficienza e della sobrietà.
La cosa più preoccupante resta comunque l’abbondanza di personaggi che emettono pareri e giudizi in tema di energia, pur essendo privi di cultura tecnica specifica.
I Ministri Scajola e Vito, ma comunque tutti coloro che stanno cavalcando il ritorno al nucleare in Italia, danno l’impressione di parlare a vanvera su un argomento di cui non hanno la minima idea.
Giusta la valutazione macroeconomica sui kilowattora. Faccio un’ulteriore considerazione.
Un impianto nucleare da 1.600 megawatt ha, in termini termici, un rendimento del 30% circa. Questo vuole dire che per ogni Mw di elettricità prodotta ci sono ben 2 Mw di calore da smaltire, cioé un impianto da 1.600 Mw deve smaltire 3.200 Mw di calore.
Il calore si può smaltire con l’acqua. In Italia di corsi d’acqua in grado di poter smaltire tale entità di calore, durante tutto l’anno tra l’altro, se ne possono identificare tre: Po, Tevere ed Arno. Oppure si mette la centrale in riva al mare. Inoltre l’area scelta deve essere libera da vincoli ambientali, deve essere a bassa densità di popolazione e deve avere particolari caratteristiche idrogeologiche e sismiche.
I due ministri ci sanno dire dove hanno intenzione di posizionare gli impianti nuleari di cui parlano?
I due ministri sanno che l’utilizzo dell’acqua marina per il raffreddamento degli impianti è un problema?
I due ministri sanno che le scorie delle vecchie centrali nucleari italiane (Caorso, Trino Vercellese, ecc.) sono ancora stipate nella centrale che le ha prodotte?
Che piano hanno predisposto per lo smaltimento delle nuove scorie?
Mi sa che la realtà è un’altra. Qui si parla solo per fare annunci ad effetto, ma non si analizzano i problemi in maniera critica e seria.
Caro Signor Bacigalupo,
mi permetta di smontare tutto cio’ che ha scritto.
Problemi sismici: veda il Giappone.
Quantita’ di acqua per raffreddamento: intanto dimentica il fiume Adige. E poi si puo’ utilizzare un ciclo chiuso dove l’acqua viene raffreddata e fatta rientrare in centrale.
Guardi alle alternative, anzi, all’alternativa: il carbone (petrolio e gas sono in via di esaurimento; solare, geotermico, ecc. praticamente nin esistono). Lo chiamano “carbone pulito”, ma e’ sempre la risorsa che emette piu’ anidride carbonica in assoluto.
Legga qui:
http://www.geocities.com/pietromele/index_files/opinions/peggiorProblema.html