La decisione di Mediobanca di entrare nel mercato retail, ossia nel settore bancario tradizionale, sia pure attraverso una banca online (CheBanca!), chiude definitivamente l’esperienza storica della più blasonata banca d’affari italiana, avviata da Enrico Cuccia nel lontano 1946.

Mediobanca fu fondata, come istituto di credito a medio e lungo termine e come banca d’investimenti, per colmare il vuoto che s’era venuto a creare con la legge bancaria del 1936. Essa nacque su iniziativa di Raffaele Mattioli, leggendario amministratore delegato della Comit, e con la collaborazione di Enrico Cuccia, che della stessa banca rivestiva il ruolo di condirettore generale.

La normativa del ’36 aveva punito il modello della banca "mista", travolto dalla grande crisi del ’29; e aveva obbligato le banche a optare tra il credito ordinario (a breve termine) e il credito industriale (a lungo termine).

Questa scelta obbligata portò alla separatezza tra banca e industria. Le banche miste, con la loro massa di filiali sparse sul terriorio, scelsero il credito oridinario, che era più remunerativo. E, non potendo più operare nel  lungo periodo, dovettero rinunciare sia al credito mobiliare, sia alle partecipazioni rilevanti in società industriali (salvo specifica autorizzazione).

Da qui l’intuizione di Mattioli di creare una banca che facesse credito all’industria – settore in cui era già attivo l’Imi, di proprietà del Tesoro – e partecipasse al capitale delle imprese.

La forza di Mediobanca, di cui Cuccia fu nominato prima direttore generale e poi anche amministratore delegato, derivò dal suo stretto legame con le Banche d’interese nazionale – Credit, Comit e Banco di Roma – che per alcuni decenni vendettero ai loro sportelli i certificati di deposito emessi da Via Filodrammatici. Questo sistema di raccolta indiretta consentì a Cuccia, che di Mediobanca fu dominus incontrastato fino alla morte, di disporre delle risorse finanziare per far decollare l’istituto.

L’ingresso di Mediobanca, oggi, nel mercato della banca al dettaglio segna pertanto, in modo definitivo, la fine di un’epoca.

La Mediobanca di Cuccia, che fu per qualche decennio la stanza di compensazione del capitalismo italiano, fondava il suo potere, oltre che sull’indiscussa genialità del suo "demiurgo", sul rapporto preferenziale che il banchiere d’origine siciliana aveva costruito con pochi grandi gruppi privati come Fiat e Pirelli e con banchieri internazionali del calibro di André Meyer, della Lazard (e a questo proposito è interessante la rilettura del libro di Fabio Tamburini, Un siciliano a Milano, edito da Longanesi). 

Grazie all’asse con alcuni gruppi privati, che avevano un forte peso nel consiglio d’amministrazione di Mediobanca nonostante disponessero di quote minime di capitale, Cuccia riuscì a rendersi autonomo dall’azionista-Stato (che attraverso le tre Bin, facenti capo all’Iri, avevano il controllo formale, ma non sostanziale, della banca) e a tenere a distanza i centri di potere romani.

Tutte le grandi operazioni finanziarie, i patti di sindacato, i più importanti aumenti di capitale, le ristrutturazioni dei più grandi gruppi, i grandi affari del Paese passavano al vaglio di Via Filodrammatici, che acquisì quote rilevanti di primarie imprese quali Generali e Montedison (scomparsa negli anni 2000).

Mediobanca era diventata la cabina di regia del capitalismo italiano, dove un selezionato numero di "grandi famiglie" veniva seguito con assiduità e assistito nei momenti critici della congiuntura economica.

Di questa Mediobanca non c’è più traccia da un pezzo. Con la morte di Cuccia e dopo l’uscita di scena di Vincenzo Maranghi, che gli era subentrato nel ruolo di amministratore delegato, gli equilibri di potere nella compagine di Via Filodrammatici sono cambiati in modo radicale. Le banche azioniste – quelle sopravvissute al processo di concentrazione – che una volta subivano il carisma e l’influenza di Cuccia sono tornate a svolgere il ruolo di soci e alcune sono uscite di scena. Comit è stata fagocitata da Intesa; e Capitalia, al cui interno era finito il Banco di Roma, è stata fusa con UniCredit, nata a sua volta dalla fusione tra Credito Italiano e Unicredito.

Se Mediobanca sente oggi il bisogno di affacciarsi, buona ultima, sul mercato retail – sfruttando i vantaggi della nuova legge bancaria del 1993, che ha ridato corpo alla banca universale riproponendo la commistione tra banca e industria – significa che un mondo è davvero finito.