L’Italia forse un giorno diverrà un hub del gas. Claudio Descalzi lavora fin dal suo primo mandato di amministratore delegato di Eni alla costruzione di un asse energetico Nord-Sud attraverso il Mediterraneo. E oggi può contare sul sostegno di Giorgia Meloni, che vorrebbe fare dell’Italia un ponte economico-commerciale tra Unione europea e Africa.
Non è però il recente contratto di fornitura di metano algerino alla tedesca Vng a conferire l’ambìto traguardo al nostro paese. Non si diventa hub del gas solo perché i volumi acquistati dalla società di Lipsia passeranno per il tubo transmediterraneo (comproprietà tra Eni e Sonatrach) e per la rete italiana di Snam. Un vero hub – come quello austriaco di Baumgarten, al confine con la Slovacchia, o come il terminale belga di liquefazione di Zeebrugge – non è solo una stazione d’ingresso del metano come lo sono Mazara del Vallo per quello algerino, Gela per quello libico, Melendugno per quello azero e Tarvisio per quello russo.
Un hub è anche un mercato di contrattazione, un punto di interscambio al tempo stesso fisico e commerciale: il luogo in cui il gas in partenza da un paese, trasportato a migliaia di chilometri di distanza dentro una condotta, è preso in consegna in un altro paese da un acquirente attraverso un contratto che ne attesti il passaggio di proprietà.
Per esempio, il terminale di liquefazione di Zeebrugge (nella foto), di proprietà della belga Fluxys, funge da hub, cioè da snodo, del Gnl russo destinato ai mercati extraeuropei. La maggior parte dei quantitativi di gas liquefatto provenienti via mare dagli impianti dislocati nell’Artico siberiano, quando arriva a Zeebrugge è trasbordata su altre navi per essere venduta in Medio Oriente, Asia e Sudamerica. Un serbatoio di stoccaggio interamente dedicato alla russa Yamal Lng, che ha sottoscritto con Fluxys un contratto di trasbordo ventennale, è stato costruito nella cittadina belga sul Mare del Nord nel 2019.
A sua volta l’hub di Baumgarten, detto anche Gas Connect Austria, riceve gas esrratto da Gazprom in Siberia occidentale e gas proveniente dalla Norvegia e lo reindirizza ai centri di consumo europei attraverso reti che si diramano verso Austria, Germania, Italia, Francia, Ungheria Slovenia, Croazia. Una di queste è il Tag, il tubo che collega Baumgarten a Tarvisio e che si innesta alla rete di trasporto italiana del gas.
Il Gas Connect Austria, che costruisce e gestisce anche metanodotti, è inoltre responsabile della commercializzazione e della fornitura di capacità di trasporto del gas ai valichi di frontiera. La società è al 51% dell’austriaca Verbund; la rimanente quota fa capo a una società al 60% della tedesca Allianz e al 40% di Snam.
Il passaggio per l’Italia del gas algerino diretto in Germania fa tutt’al più della nostra Penisola un paese di transito come lo sono Bielorussia, Ucraina e Moldova per la Russia.
Le nuove dipendenze
L’altro aspetto su cui non si è riflettuto è che il gas venduto da Sonatrach a Vng potrebbe essere rivenduto dalla società tedesca sul mercato italiano. Da quando è stato fatto esplodere il gasdotto baltico, il Nord Stream, che la approvvigionava di gas dalla Russia, la Germania ha virato bruscamente sul Gnl realizzando svariati impianti di rigassificazione. Ma il Gnl, che offre il vantaggio della flessibilità, cioè la possibilità di approvvigionarsi da più fornitori anche in modo occasionale, è più costoso del gas trasportato via tubo, la cui caratteristica è la rigidità, la dipendenza reciproca tra venditore e acquirente vincolati da contratti di lungo termine.
A rigor di logica tutto il gas di Vng dovrebbe essere destinato alla Germania, anche se niente potrà impedirle di venderlo, almeno in parte, in Italia sul libero mercato dell’energia, dove Vng ha filiali a Bologna e a La Spezia. Tutto è possibile, a meno che gli algerini non abbiano imposto ai tedeschi una clausola di destinazione. Ipotesi remota, per non dire inverosimile. La legge europea sanziona le pratiche commerciali restrittive.
L’obiettivo di Sonatrach, il cui amministratore delegato, Rachid Hachichi, ha definito storico il contratto con Vng, è di ampliare la cooperazione commerciale con i tedeschi e di estenderla alla catena dell’idrogeno. Posseduta all’80% da EnBW (Energie Baden-Wurttemberg), Vng opera nel trasporto e nel commercio del gas. Fino alla riunificazione tedesca è stata una sorta di Snam della ex Ddr e oggi, accanto al metano e al biogas, sta investendo sui gas “verdi” come l’idrogeno, le cui molecole possono viaggiare nelle stesse reti del gas naturale (con qualche riadattamento tecnico), possono essere immagazzinate in grandi volumi in serbatoi speciali o in caverne sotterranee e possono essere conservate per lunghi periodi.
L’idrogeno non è una fonte ma un vettore di energia che – stando agli esperti – potrebbe apportare cambiamenti rivoluzionari sia come combustibile sia come fornitore di energia per produrre elettricità e calore. Vng potrebbe dunque essere per Sonatrach un partner strategico.
La compagnia di Stato algerina è tra le grandi beneficiarie del forte aumento dei prezzi del metano seguito all’invasione dell’Ucraina e della decisione della Ue di sganciarsi dalle importazione dalla Russia. E’ corteggiata da vari paesi. Anzitutto dall’Italia, che attraverso l’Eni sta investendo nel miglioramento dell’attività estrattiva di Sonatrach per aumentare la produzione dei giacimenti sahariani.
Uno dei grandi problemi di Sonatrach è infatti l’obsolescenza della maggior parte dei suoi impianti. Se la società fosse costretta a fermi per manutenzione prolungati le sue forniture all’estero potrebbero risentirne. E per l’Italia potrebbe essere un problema, perché il gas algerino copre oggi oltre il 40% dei nostri consumi, più di quanto incidevano le forniture russe prima che scoppiasse la guerra in Europa.
Con una scelta politica di totale allineamento alla Nato abbiamo abbandonato la Russia di Vladimir Putin, sanzionandone l’aggressione all’Ucraina e il ricatto del gas all’Europa, per legarci in egual misura all’Algeria di Abdelmadjid Tebboune, astenutasi sulla risoluzione dell’Onu che chiedeva il ritiro delle truppe russe dall’Ucraina e schierata contro Israele, che accusa di genocidio nei confronti dei palestinesi della Striscia di Gaza. Siamo passati da una dipendenza a un’altra. Con quali garanzie?
La prova del nove saranno le elezioni presidenziali del dicembre 2024 in vista delle quali il presidente sta giocando la carta della protezione del potere d’acquisto delle famiglie. Per placare le tensioni sociali contro il caro-vita e la mancanza di lavoro per i giovani, il governo algerino ha aumentato sia i sussidi di disoccupazione, sia le pensioni e gli stipendi del settore pubblico. Ma nella legge di bilancio approvata dal Parlamento sono in vistoso aumento anche le spese per armamenti (di cui la Russia è di gran lunga il maggior fornitore) e quelle per l’ordine pubblico. L’Algeria è il primo Stato africano per spese mmilitai e il terzo in Medio Oriente dietro Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita. D’altronde è l’esercito, non la politica, il detentore del potere reale nel paese.
A livello di relazioni internazionali, invece, restano tesi i rapporti con il Marocco per il Sahara Occidentale, conteso tra Rabat e il Fronte Polisario indipendentista, al quale Algeri fornisce appoggio militare e politico, mentre Usa e Israele sostengono il regno del Marocco. Le modifiche costituzionali di qualche anno fa consentono oggi a Tebboune, nel caso ritenga minacciata la sicurezza nazionale, di impiegare le forze aarmate algerine anche all’esterno. Sono un segnale preoccupante in questo senso gli attriti con la giunta militare del Mali, al potere dopo il colpo di Stato del 2020, che accusa Algeri di interferire negli affari interni del paese subsahariano per il suo appoggio ai separatisti Tuareg.
Nel frattempo il presidente ha anche proceduto a un rimpasto di governo e ha estromesso qualche mese fa il numero uno della SoSonatrach, rimpiazzandolo con Hachichi. La società, maggior centro di potere economico dell’Algeria, dovrà investire 39 miliardi di dollari entro il 2026 per rinnovare gli impianti di produzione di idrocarburi.
Pubblicato su Appunti – 16 febbraio 2024