L'industria petrolifera resterà la spina dorsale dell'economia libica e il clima di pesante incertezza che incombe sul futuro del paese non dovrebbe impedire all'Eni di mantenere le posizioni acquisite a partire dagli anni '50, indipendentemente dall'esito della rivolta popolare che dilaga tra Bengasi e Tripoli. È questa l'opinione più diffusa tra gli osservatori di questioni petrolifere e gli esperti di sicurezza consultati dal Sole 24 Ore in queste ore. Bocche cucite, invece, a San Donato Milanese nel quartier generale della compagnia guidata da Paolo Scaroni, il cui secondo mandato di amministratore delegato è ormai prossimo alla scadenza.
«Anche se la situazione laggiù è difficile da controllare – spiega Marcello Colitti, ex top manager dell'Eni, biografo del fondatore, Enrico Mattei, ed esperto di petrolio – non credo affatto sia in pericolo la sopravvivenza del gruppo. La società ha sempre accettato le condizioni poste dal governo libico, ha sempre avuto buoni rapporti con la popolazione. L'Italia è il principale acquirente e il mercato di sbocco più vicino per il gas libico. Se dovessero chiudere il tubo si farebbero solo del male».
Il primo tentativo dell'Agip di entrare in Libia risale al 1958, quando al potere c'è ancora re Idris Al Sanussi e Mattei si vede sfilare da due società statunitensi, la Esso e la Occidental, quest'ultima controllata dal leggendario Armand Hammer, un contratto di ricerca già perfezionato con il governo. Solo un anno dopo l'Eni riesce ad aggiudicarsi la concessione 82 nella zona sud-orientale del deserto del Sahara. Qui avvia le attività di esplorazione e nel 1965 scopre il primo giacimento a olio, il Rimal. Nel frattempo, grazie alle buone relazioni con Tripoli, riesce a ottenere, in una zona adiacente a quella già in fase di sfruttamento, la concessione 100, dove nel 1968 è scoperto il campo gigante di Bu' Attifel.
L'olio proveniente da Bu' Attifel è lavorato oggi nella raffineria di Priolo che la russa Lukoil ha rilevato dalla Erg, ed è da questo greggio che si ricavano le "cariche" petrolchimiche utilizzate dal gruppo Eni per la produzione di etilene e propilene.
In Libia operano in quegli anni le "sette sorelle" del petrolio e riesce anche ad affermarsi un battitore libero come Hammer, che con un colpo di fortuna trova un giacimento da 500mila barili al giorno. Per festeggiare organizza un megaricevimento nel deserto con 800 persone, spendendo l'equivalente di un milione di euro, e tra i piloti che trasportano gli invitati c'è anche un ufficiale che resta scandalizzato dal lusso, dallo spreco di soldi e dall'ossequiosità dei dignitari libici nei confronti degli americani. Questo ufficiale, che risponde al nome di Muammar Gheddafi ed è un seguace del presidente egiziano Nasser, sale al potere la notte tra il 31 agosto e il 1° settembre 1969 con un colpo di Stato. Re Idris, che si trova in Turchia, è deposto dal trono senza colpo ferire.
Gheddafi imbocca subito la via della nazionalizzazione dell'industria petrolifera. Le riserve provate dell'Eni in Libia sono già consistenti a quel tempo, ammontano all'incirca a un quarto di quelle totali del paese. Ma a differenza delle compagnie americane, costrette di fatto ad abbandonare Tripoli, l'Eni riesce a intavolare rapporti cordiali sia con il colonnello, capo carismatico del Consiglio della rivoluzione, sia con il suo braccio destro, il maggiore Abdel Salam Ahmed Jalloud, considerato meno fanatico di Gheddafi. Per difendere le sue proprietà minerarie l'Eni accetta di cedere il 50% di tutti i suoi giacimenti alla Noc, la società petrolifera di Stato libica, che ottiene un pagamento dilazionato in cinque anni senza interessi.
Ricorda Florio Fiorini, che all'epoca era il direttore finanziario dell'Eni e partecipò al negoziato: «Le trattative avvennero con la regia di Giulio Andreotti. Al tavolo sedevamo io, il direttore per l'estero Giuseppe Ratti, il direttore generale dell'Agip Mineraria Porcari, il colonnello Roberto Jucci dei servizi segreti e Mario Barone, che era uno dei tre amministratori delegati del Banco di Roma. Dall'altra parte c'erano Gheddafi, Jalloud e il governatore della Banca centrale libica Rejeb Misellati. Le mosse fondamentali furono tre: l'impegno di Barone a mantenere in vita le linee di credito alla Libia, la nomina dell'allora direttore generale dell'Agip Libia, Omar Mountassir, a viceministro del petrolio e l'appoggio dei servizi per prestare assistenza e forniture militari». Vengono spediti in Libia 3mila carri armati lasciati dalle forze alleate americane in Sardegna alla fine della guerra, ancora funzionanti, e in cambio Tripoli accetta di lasciare in deposito alla Tradinvest, la banca che l'Eni possiede alle Bahamas, il 40% delle somme che il gruppo del "cane a sei zampe" le versa per l'acquisto di greggio. Quel denaro, prestato a sua volta dall'Eni agli istituti di credito italiani che debbono approvvigionarsi di valuta, contribuisce a mantenere in equilibrio la nostra bilancia dei pagamenti. Nel 1978, alla vigilia dello scandalo Eni-Petromin, la Libyan Arab Foreign Bank concede all'Eni un prestito da 250 milioni di dollari.
La compagnia intanto continua a mietere successi nell'esplorazione di idrocarburi. Scopre il giacimento offshore di Bouri nel 1976 e una serie di campi di gas naturale nel 1980 che potranno essere sfruttati solo qualche decennio più tardi, al termine di un lungo periodo di isolamento per il sostegno offerto da Gheffadi al terrorismo internazionale, che culminerà nell'embargo dell'Onu per la strage di Lockerbie.
La situazione evolve ulteriormente con l'arrivo di Vittorio Mincato al vertice dell'Eni e la rinegoziazione degli accordi per un megapiano di investimenti da 5 miliardi di dollari per lo sfruttamento dei giacimenti di gas. I campi di Bahr Essalam e Wafa, di proprietà dell'Eni, vengono collegati con due pipeline a un impianto di trattamento di nuova costruzione realizzato a Mellitah, sulla costa, e da qui, con un grande tubo sottomarino che collega la Libia alla Sicilia, denominato Green Stream, lo stesso gas è trasportato fino in Italia per essere consegnato ai concorrenti dell'Eni: Edison, Gaz de France e Sorgenia. Il mercato è stato infatti liberalizzato. La compagnia italiana è diventata progressivamente una major internazionale con attività sparse nei cinque continenti, è stata privatizzata, quotata in Borsa, e il 70% del suo capitale è stato collocato presso investitori privati di tutto il mondo. Oggi affluiscono dalla Libia oltre 9 miliardi di metri cubi di metano e, anche nell'eventualità molto drammatica di una guerra civile, gli idrocarburi continueranno ad essere la principale risorsa economica di questo paese, di cui nessuno potrà fare a meno. Né Gheddafi né i suoi possibili successori.
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From portal Indymedia:
http://piemonte.indymedia.org/article/11834
ENI Lybia: blood & oil.
When ENI was enormous business in Libya, and enriching the rais of Tripoli circumvent UN and the U.S.sanctions.
When there are half a mountain of money we do not stop at nothing and nobody. It ‘also written in a ENI’s dossier.
There is a file ENI-Libya that is dated July 14, 1998 (the pdf file and reproduced here). “ENI-LIBIA Wafa Field and NC41 Offshore GAS Project”. The men of the company Ing. Mattei warn that if you will complete this project with the Libyan dictator Muammar Gaddafi must then deal with the U.S. sanctions. The Eni’s dossier says:
“Sanctions hurt the people (oil companies) operating in Libya with ‘contracts’ which are valid after the date of entry into force of ‘Act’ and violating the sanctions imposed by the UN (resolution 748 of 1992 and 883 of 1993). Are not affected by the sanctions contracts prior to the entry into force of ‘Act’ and all contracts for the supply of goods, services and technology. For ‘contract’ means agreements with Libyan entities, related to the development of petroleum resources in Libya (exploration, extraction, transportation and refining). Sanctions hurt the company that has engaged in the conduct sanctioned and its Affiliates aware of such behavior. I am therefore excluding companies in the group, unaware of the conduct sanctioned (‘innocent Subsidiary’). The sanctions would be imposed will be chosen by the President of the United States from the following: 1) l’export-import Bank of Usa can not grant loans, guarantees and assurances concerning the export of U.S. goods or services for a Sanctioned Person. 2) The U.S. government can not grant permission to U.S. export of goods and technologies to a Sanctioned Person. The prohibition refers only to goods and technologies whose export should be authorized by the U.S. Government. 3) U.S. banks may not grant loans exceeding S $ 10 million U.S. a year to Sanctioned Person, unless that the Sanctioned Person do not use these funds for humanitarian activities. 4) The banks and financial be Sanctioned Person can not participate in the market for U.S. government bonds as ‘primary dealers’, not can they be depositories for funds of the U.S. government. The U.S. government can not procure goods and services from a Sanctioned Person. The President may impose sanctions designed to restrict imports of U.S. goods and services produced by a Sanctioned Person”.
As history teaches us ENI around the U.S.-ONU sanctions and over to fill his pockets, has bankrolled the speakers for over forty years of Colonel Gheddafi with a flow of billions of dollars. All this flood of money by ENI to one of the most criminal and murderous dictators in Africa.
In Minutes (9) Meeting of the Board of Directors of Eni SpA on 14 July 1998 (pdf file here) President of ENI, Ing. Guglielmo Antonio Claudio Moscato report on the lengthy negotiations that occurred with the Libyan authorities:
“The President informed the Board that the Division has established a ‘heads of agreement’ to import gas from Libya, further recalls that the definition of such agreements has been a long negotiation on developments which the Council was briefed at its meeting on October 28, 1997 and that the understandings reached help set the conditions for the commercial exploitation of gas deposits of Wafa and structure NC41… Ing. Sguaini concludes the report represents the trend in italian and lybic gas production equity for the period 1998-2010 and indicators of profitability of the project which is an internal rate of return of 15.87% in the base case and 17.15% in the case with investment of less than 10 %…”.
In the Dossier “ENI-LIBIA Wafa Field e NC41 Offshore Progetto GAS”, you draw as you can see long-term projections and scenarios of profits beyond 2013. Forgetting, as taught by the legendary Prof. Giulio Sapelli (distinguished economic historian and director of ENI) that “there are more elements of stochastic market. There are only stochastic geostrategic elements. For example, Bolivia. Who would have thought that Bolivia was going to split. And ‘what is happening in Bolivia. Think of the danger we had on the Blue Stream. We have over (still not run) if they made the gas pipeline, Baku-Ceyhan pipeline or the estimates of our earnings almost halved in the Blue Stream …”.
The Baku-Ceyhan pipeline was later built (unfortunately for Eni). The scenarios change. In Egypt, Mubarak now goes to keep company with the mummies. equal in Tunisia Ben Ali. In Algeria, Yemen and in all areas of the Mediterranean people oppressed for decades is in revolt.
Libya is on fire. Who would have imagined that in 2011 even as a criminal lunatic Muammar Gaddafi would come to an end? That the pipeline of ENI Greenstream (connecting Sicily and Libya) petrodollars would stop churning?
Once resolved, Eni fomenting revolutions (see in Algeria and Iran).
He remembered the legendary Prof Giulio Sapelli at a convention of ENI Corporate University (see Eni video on the sidelines of this article):
“…I am an admirer of the British Empire … of course we can do as Americans to change the President, to organize the Orange Revolution, we do not have these means, we did many years ago in Algeria, with Mossadeq in Iran but now perhaps we have become a more normal, less adventurous, do not do more of these things. Should probably continue to do so, but this is a vision that everyone has the oil companies. I am a very old-fashioned about what should be”.
Today, the company of Paolo Scaroni as resolved? Foment in Libya?
Some would suspect. Especially after we saw the logo on the jacket of ENI of a mercenary who fired on the crowd.
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Doc. pdf.: “Cda_Eni_14_luglio_1998”
http://piemonte.indymedia.org/attachments/feb2011/cda__eni_14_luglio_1998_1.pdf
Doc. pdf.: “Eni_Libia_Wafa_Field_Nc41_Project”
http://piemonte.indymedia.org/attachments/feb2011/eni_libia_wafa_field_nc41project.pdf
Video Prof. Giulio Sapelli Eni Corporate University Seminar
http://tinypic.com/r/nnktb6/7
Others video ENI:
http://it.tinypic.com/r/23sya8l/7
http://it.tinypic.com/r/qp13ir/7
http://it.tinypic.com/r/vevihv/7
Video: Mercenary with Logo ENI fire on crowd
http://www.blogeko.it/2011/rivolta-in-libia-il-logo-delleni-sulla-giacca-di-un-mercenario-che-spara-alla-folla/