Un lettore scrive:

La soluzione trovata per Alitalia mi sembra il banco di prova per applicare anche da noi quella forma di  capitalismo traumatico che ha avuto tanto successo in Cile, Argentina, Russia, Cina, ecc.
La tempistica del nostro Governo ha infatti applicato le classiche regole della “shock  economy”: traumatizzare i lavoratori e la popolazione per imporre le decisioni.
Si sono spesi circa tre mesi e l’esaurimento dei 300 milioni di euro, perdendo tempo con “l’urgenza” del lodo Alfano e con le vacanze estive, per  poi organizzare una cordata priva di competitori e con la condizione ultimativa per i lavoratori: o l’accettazione o il fallimento.
Vengono creati ponti d’oro, scaricando le passività di Alitalia sui contribuenti, a favore del gruppo dei capitalisti Cai assolutamente privi di competenze per governare le complesse attività di un vettore aereo che opera nella rete internazionale.
L’inevitabile inefficienza di gestione viene comunque scaricata sulle risorse umane con sensibile riduzione della forza lavoro, contratti capestro e umiliazione delle professionalità.
Ma la cordata Cai deve comunque conseguire a medio termine del profitto e aumentare il patrimonio investito per cederlo poi a qualche grande vettore aereo straniero che riuscirà finalmente a inserire il nostro Paese in una vera rete globale di comunicazioni aeree.
La prepotenza degli ultimatum e delle umilianti condizioni imposte dal Governo e dalla Cai fa presagire per l’Italia, già in declino, l’avvento di un capitalismo selvaggio e predatorio che favorisce una ristretta fascia di ricchi a danno della stragrande maggioranza della popolazione sempre più mortificata da peggiori condizioni economiche e di lavoro.

Alfredo Schiavo

La sua lettura dei fatti è indubbiamente originale. Francamente, però, non vedo un capitalismo così coeso al punto da imporre al Paese delle prove generali di shock economy. Semmai ha ragione a parlare di capitalismo sparviero. L’Opa a debito alla Telecom, condotta da Colaninno, il grande regista dell’operazione Cai-Alitalia, ha aperto la strada a un capitalismo "mordi e fuggi", dedito agli affari, privo di qualsiasi visione industriale, di cui le guerre bancarie del 2005 (fallita scalata di Ricucci al "Corriere della sera", fallito arrembaggio di Fiorani all’AntonVeneta con il concorso di Bankitalia e mancata Opa di Unipol a Bnl: operazioni sventate dalla magistratura milanese ma non dalle autorità di controllo, che anzi le hanno assecondato nonostante la forte carica di illegalità) hanno rappresentato la logica prosecuzione. Colaninno, dopo l’estromissione dalla Telecom, è animato da una voglia di riscossa indescrivibile e farà di tutto per restare in Alitalia. Lo guida la frenesia di primeggiare, di sedere ai tavoli che contano come azionista e presidente di una delle maggiori società italiane. Tutto sta a vedere se i soci finanziari di Cai, che hanno interessi divergenti dai suoi, glielo permetteranno.

G.O.