La disposizione del 17 marzo che estende per tre mesi l’obbligo di comunicare alla Consob la partecipazione al capitale di una società anche a chi possiede quote dell’1% ha fatto emergere nella compagine di alcune grandi imprese italiane una serie di nuovi azionisti. Il 18 marzo China National Chemical Corporation ha informato la Commissione per le società e la Borsa di detenere tramite Pirelli & C. il 4,732% del gruppo Rcs (editore tra l’altro del “Corriere della sera”). Sempre il 18 marzo la banca centrale della Norvegia, Norges Bank, ha dichiarato di essere presente in una sfilza di società, da A2a a Prysmian, da Enel a Eni, da Snam a Italgas, da Italmobiliare a Saras, con quote che variano dall’1,2% al 2,7 per cento. Il giorno dopo Ruth Wertheimer ha comunicato di possedere tramite una società olandese il 3,088% di Carel Industries, una multinazionale “tascabile” che ha sede a Padova e opera nei sistemi di controllo per il condizionamento, la refrigerazione e il riscaldamento. Ruth Wertheimer, che è stata anche consigliere indipendente di Exor (la finanziaria della Agnelli),  è la figlia del miliardario israeliano Stef Wertheimer. La notizia che però ha sorpreso di più è stato l’ingresso di People’s Bank of China in Eni. La banca cinese il 18 marzo ha fatto sapere a Consob di avere in portafoglio l’1,014% del gruppo petrolifero italiano a controllo statale.

Questi movimenti di Borsa sono solo un assaggio di ciò che potrebbe succedere se, in una fase drammatica per l’economia nazionale, soggetti dotati di ingente liquidità prendessero di mira con scalate ostili aziende prive di forti azionisti di controllo, i cui valori di Borsa sono crollati e potrebbero scendere ulteriormente a causa della recessione. La questione è stata sollevata su “Il Sole 24 Ore” del 1° aprile da Massimo Mucchetti, che nella passata legislatura ha presieduto la commissione Industria del Senato. A mali estremi (l’emergenza del Covid-19) Mucchetti propone estremi rimedi, per “coniugare difesa e sviluppo”. La strada potrebbe essere la “maggiorazione dei diritti di voto per gli azionisti stabili”, ovvero la correzione del criterio secondo cui un’azione vale un voto. La preoccupazione di Mucchetti e dei principali gruppi presenti in Confindustria, tra cui quelli pubblici, è che il golden power, ossia i poteri speciali che il Tesoro detiene nelle aziende privatizzate, non basti a difendere le grandi imprese strategiche in un momento del genere.