Parmalat, storia infinita. I processi contro l’ex dirigente di Bank of America Luca Sala attesi in corso d’anno riaccendono i riflettori sul più grande crack d’Europa. Sala è imputato di  bancarotta in Italia e di riciclaggio in Svizzera per vicende di notevole rilevanza penale e complessità investigativa. Il suo rappresenta uno dei casi più imponenti di profitti personali (distrazioni per circa 60 milioni di dollari) realizzati a danno del gruppo emiliano.  L’ex procuratore federale di Lugano Pierluigi Pasi, che è riuscito a confiscare 21 milioni di dollari depositati in Liechtenstein su un conto riconducibile a Sala, ha dovuto ricostruire cinquecento episodi di riciclaggio (dall’Europa alle due Americhe alla Nuova Zelanda) prima di poter redigere l’atto d’accusa contro il manager che operava nella sede di Milano di Bank of America. Peraltro, per ragioni tuttora oscure, Pasi nel giugno 2o15 è stato sollevatato dal suo incarico dal Procuratore generale di Berna, Michael Lauber, nonostante avesse collaborato con le principali procure italiane (tra cui Milano, Roma e Palermo) alle inchieste più delicate degli ultimi dodici anni, anche in materia di criminalità organizzata, ottenendo brillanti risultati investigativi e processuali.

Le distrazioni di denaro – secondo l’accusa – erano effettuate da Sala con la supervalutazione delle polizze assicurative con cui la vecchia Parmalat si garantiva dai rischi finanziari e politici nei paesi in cui operava. La società bonificava i premi assicurativi alla Banca Cantonale dei Grigioni (la Graubundner Kantonalbank, un istituto), dove un funzionario dirottava parte del denaro alla rete di riciclaggio costituta da Sala tramite propri fiduciari, dislocati in varie parti del mondo, che movimentavano i soldi per mascherarne l’illecita provenienza.

Il tesoretto scoperto in Liechtenstein proveniva invece da un veicolo finanziario domiciliato alle Cayman, denominato Cur Holding, che Sala aveva interposto in modo fittizio tra la filiale milanese di Bank of America e la Parmalat di Tanzi. La banca aveva erogato  a Parmalat Capital Finance  un finanziamento di 90 milioni di dollari facendolo transitare per Cur Holding, dove tra capitale e interessi erano stati trattenuti – indebitamente, secondo l’accusa – 21 milioni di dollari poi dirottati su un conto di Vaduz attraverso la rete di riciclaggio di Sala. Sarà la Svizzera a mettere in moto le indagini attraverso Pasi, in seguito a segnalazioni dell’autorità antiriciclaggio.

La magistratura elvetica e quella di Parma accertarono passaggi di denaro tra Sala e altri manager di Bank of America. Spiega una fonte che non vuole essere citata: “Dalla copia integrale della ‘memoria’ dei computer della filiale di Bofa emersero scambi di email e di documenti tra i dirigenti di Milano e quelli della filiale inglese della banca, da cui s’intuiva chiaramente come alcuni di essi avessero compreso, già nella seconda metà degli anni Novanta, le criticità di bilancio del gruppo Parmalat”. Questo è ancora oggi uno dei punti più dibattuti delle inchieste giudiziarie. La vicenda dei fondi distratti da Sala, che è solo uno dei capitoli dell’immenso dissesto Parmalat, è emblematica della complessità di un default le cui ramificazioni si estendevano nei cinque continenti. Alcuni non trascurabili fatti rimasero in ombra per il ferreo segreto bancario di paradisi fiscali come l’Uruguay, che alle richieste di collaborazione della magistratura italiana opposero sempre un rifiuto. Su di essi è calata la pietra tombale. Lo stesso processo contro Sala è la prova di quanto sia impervia la strada per combattere il riciclaggio internazionale. I tempi lunghi per acclarare le responsabilità individuali favoriscono la prescrizione del reato. E su questo i legali di Sala, che si considera un perseguitato, non mancheranno di dare battaglia.  APRI IL LINK http://espresso.repubblica.it/affari/2016/03/11/news/il-tesoretto-di-parmalat-bloccato-a-vaduz-1.253835